Si ricordano un Toniolo da Loiano un Badino figlio del Conte Ansoisio, guerriero. Ricordiamo pure Marco Antonio Loiani che fu gonfaloniere del Popolo in Bologna e Michele da Loiano, detto il Pisa, oltre a Giacomo da Loiano che fu Massaro a Bologna dell’Arte della seta.
Padre PierGiacomo Dall’Olio da Loiano (1711 – 1773), uomo di grande scienza e dottrina, insegnò alla Università La Sapienza di Roma divenendo consigliere privato di papa Benedetto XIV°; successivamente fu in Spagna ove divenne confessore della Regina e padre generale dei frati minori. Morì in Bologna 15 maggio 1773 all’età di 63 anni, colpito, si dice, da veleno volatizzato contenuto in una lettera indirizzatagli da mano ignota.
Padre Filippo Nannetti di Bibulano (1759 – 1829) più conosciuto col nome Padre da Loiano uomo di meraviglioso ingegno fornito di immensa erudizione divenne lettore di eloquenza, filosofia e teologia oltrechè poeta. Uscito di religione ai tempi napoleonici nel 1826 riparava nel convento dell’Annunziata di Bologna due anni dopo moriva all’ospedale S. Orsola trovando sepoltura alla Certosa.
All’ordine dei frati minori osservanti appartenne Camillo Panzacchi nato a Loiano il 14 marzo 1793 studente presso i Padri Barnabiti e all’Università di Bologna in cui insegnò filosofia anche all’Univesità di Ferrara fu vescovo di Terracina luogo ove morì all’età di 41 anni nel 1834 lasciando di sè grandissima memoria.
Il personaggio di maggior spicco fu AnnaMaria (Carolina) Dalle Donne nata a Roncastaldo nel Luglio 1778 da Carlo e Caterina Nanni, poveri ma onesti genitori. Dotata di eccezionale ingegno visse la sua fanciullezza in casa dello zio Giacomo sarcedote a Bologna e a Medicina studiando filosofia e medicina meritandosi nel maggio del 1800 il titolo di Dottoressa e Collegiata. A soli 21 anni, di fronte a centinaia di studiosi tenne lezioni sul tema: “Aristotele e Ippocatre” (filosofia e medicina).
Ben presto la sua fama si irradiò in tutta Italia tanto che nel 1.804 lo stesso Napoleone, re d’Italia, volle ascoltare una sua lezione istituendo, appositamente per lei la cattedra di Ostetricia. Fu nominata Accademica Benedettina e tenne per anni lezione all’università di Bologna istituendo la professione di ostetrica.
Morì in Bologna il 9 gennaio 1842.
Una statua la ricorda all’Università di Bologna, un’istituto scolastico a Monghidoro e un busto nel comune di Loiano.
I giornali dell’epoca ne furono entusiasti e di lei scrissero ottimi articoli ricordando anche che, per gli studenti che non conoscevano la lingua italiana, teneva lezione in latino.
Padre Giuseppe da Barbarolo (1750 – 1801) nato a Barbarolo il 1 Aprile e morto a Bologna il 29 dicembre. Frate Capuccino fu definito “Apostolo degli schiavi e dei negri africani”. Missionario dal 1779 per 15 anni a Pernambuco in Brasile ove venne accusato di sobillazione e sospeso dall’arcivescovo di Bahia. Dovette abbandonare la missione perchè malato, salutato da un’immensa folla. Fu uno dei primi capuccini a predicare in Brasile. Anche il fratello Bonaventura (1737 – 1802) fu capuccino famoso predicatore.
Nella seconda metà del 1800 non si ricordano particolari personaggi se non la nascita di alcuni di essi che divennero noti nella prima metà del ‘900. Furono personaggi di estrazione religiosa, per lo più di umili condizioni economiche ospitati nelle scuole religiose. Degni di nota furono:
Enrico Dini nato il 30 gennaio 1880 e morto a Livorno il 30 agosto 1947. Figlio di Valente e di Germana Prosperi frequentò le elementari a Loiano e dal settembre 1891 studò alla scuola apostolica di Perugia prima e nel 1896 a San Felice a Cancello (Caserta) poi. A Roma terminò gli studi liceali e teologici e nel 1904 fu ordinato sarcedote con destinazione Perugia.
Nel 1919 il capitolo generale dei Barnabiti (l’ordine religioso a cui apparteneva) lo elesse Provinciale a Roma e successivamente visitatore generale.
Fu eccelso predicatore e insegnante nelle scuole magistrali e dal 1922 parroco della parrocchia di San Sebastiano a Livorno oltrechè rettore del “Collegio alle Querce di Antignano”. Negli anni della guerra fu sempre vicino alla gente livornese e ai senza tetto causati dai numerosi bombardamenti. Morì con un tumore al fegato all’età di 67 anni.
Ernesto Maestrami nato a Loiano il 26 febbraio 1887 e morto a Bologna il 10 ottobre 1983. Dopo gli studi a Loiano entrò nell’ordine Francescano nel 1902 fu ordinato il 19 settembre 1909. Fu un apprezzato insegnante di lettere alle scuole superiori valente predicatore, poeta e ammirato tenore.
Lasciata l’Italia in giovane età fu missionario in Africa e successivamente rettore del seminario serafico di Emmaus in Terra Santa e successivamente parrocco ad Alessandria d’Egitto.
Fu uno dei principali Reggenti della Basilica della Natività di Betlemme. Negli ultimi anni della sua vita operò nella basilica di San Francesco a Fiorenzuola d’Arda in provincia Piacenza dove fu amato e stimato dall’intera popolazione.
Altro personaggio di rilevante importanza fu Frate Vittore Fenara (1904 – 1976) padre Benedettino, figlio del famoso “Barilòn” mitico personaggio discendente di un combattente con Napoleone.
Fu parroco a Loiano per pochi mesi tra il 1926 e 1927 dopo Don Messieri e prima di Don Zaccaria.
Visse prevalentemente ad Ascona in Svizzera, professore nel collegio internazionale.
Uomo di eccezzionale cultura e rinomato predicatore, ha voluto essere sepolto a Loiano.
Tra i personaggi che Loiano ricorda c’è Emilio Serenari nato l’11 febbraio 1873 e morto il 4 agosto 1967 detto “Miglio ad Duardin”.
Partecipò alla guerra d’Etiopia nel 1896 e fu uno dei pochi superstiti nella famosa battaglia di Addua. Ha gestito fino alla morte il suo negozio che iniziò l’attività nel 1894.
Don Armando Nascetti nato a Roncastaldo il 27 febbraio 1874 e morto a Bologna il 5 agosto 1954. Nel 1907 fondò la Congregazione delle “Piccole Apostole del Sacro Cuore” opera altamente benefica nei primi 50 anni del secolo scorso.
A lui è intestata la “Casa del Pellegrino” che sorge all’inizio del paese e ospita, in vari periodi dell’anno, giovani e anziani della parrocchia.
Luigi Pozzi (un loianese nato in povertà nella seconda metà del 1800, che dotato di spiccata intelligenza ed iniziativa dette via in Roma ad una delle più fiorenti case editrici mediche italiane), il quale oltre a contribuire largamente alle spese di ristrutturazione dell’ospedale, lasciò nel periodo anni ’20 Lire 500.000 (fortissima somma per quei tempi), per l’approntamento e uso di 10 letti, a perpetuo beneficio dei vecchi loianesi, di povere condizioni.
Il figlio Mario è stato “archiatra pontificio”, vale a dire una sorta di “Primario Medico” del Vaticano.
Pietro Benassi, frate minore (25 gennaio 1914 – 8 agosto 2003) nato a Lizzano in Belvedere da famiglia molto religiosa, essendo il padre impiegato statale, ha seguito vari spostamenti della famiglia giunta a Loiano nel 1934. Di famiglia numerosa fu subito di aiuto ai genitori prima di “entrare” all’Osservanza di Bologna spinto da una profonda religiosità. A 26 anni è parroco a San Cataldo di Modena parrocchia di oltre 15.000 abitanti. Nel 1939 si trova in Germania quale cappellano militare per l’assistenza spirituale agli operai italiani colà trasferiti per lavoro.
Perfetto conoscitore della lingua tedesca fu loro di grande aiuto così come negli anni della guerra a tutte le popolazioni italiane che si trovarono a contatto con i soldati tedeschi.
Durante il periodo dell’ultima guerra la sua opera di mediazione fu altamente significativa tanto da meritare una medaglia d’oro.
In particolare aiutò famiglie ebraiche e il governo israeliano l’ha iscritto nel “Viale dei Giusti”.
Fu anche un vivace giornalista che collaborò nelle varie riviste dell’ordine e ultimamente era il direttore del periodico “Fraternità Cristiana” e prima “Casa e Parrocchia”. Attaccatissimo a Modena ove visse per 67 anni è colà ricordato e omaggiato da tutta la comunità. E’ morto a Bologna ed è sepolto nel il cimitero di Loiano.
Italo Zappoli (1893 – 1969) nato a Loiano da agiata famiglia svolse, terminati gli studi universitari a Bologna, la sua attività diplomatica nel mondo portando sempre vivo il ricordo della terra natia.
Fu calciatore, pilastro della difesa del Bologna, negli anni antecedenti la prima guerra mondiale. Sportivo fu ottimo sciatore, podista, tennista.
Ufficiale dei bersaglieri nella prima guerra mondiale meritò una medaglia d’argento al valore militare.
Padre Paolino Baldassari nasce a Quinzano di Loiano da Arturo e Angiolina Zannarini il 2 aprile 1926. Colpito dall’ingresso in seminario di un amico più grande, Marino, sente il desiderio di diventare prete. Nel settembre del 1940 entra nel seminario dei servi di Maria a Ronzano (Bologna).
Dopo dieci anni di studio e formazione, tra gli stenti causati dalla guerra, nel 1951 si reca in Brasile per prepararsi ad essere missionario e viene ordinato sarcedote il 20 dicembre 1953 a San Paolo. In questi anni la vita di padre Paolino è diventata sempre più quella degli abitanti dell’Acre, una piccola regione del Brasile, là dove la foresta amazzonica guarda alle montagne Andine. E’ tornato a casa solo ogni 10 anni, ma tramite le lettere dei famigliari e degli amici ha sempre ricevuto con gioia le notizie della sua terra. Quando negli anni “ottanta” era un ospite indesiderato dalle autorità del luogo a causa del suo grido a favore dei poveri e la sua posta personale veniva bloccata, riceveva le notizie da Bologna attraverso Insieme Notizie.
Nel suo ministero padre Paolino alterna tempi di permanenza in parrocchia (dal 1963 a Sena Madureira) a lunghi viaggi con la barca nei fiumi per incontrare gli indios della foresta. Durante il corso del fiume comunica ai responsabili della zona quando arriverà e il programma: arrivato alla foce scende il fiume e visita ad una ad una le comunità. Negli anni scorsi sono state pubblicate le lettere in cui racconta da “innamorato” questi viaggi ai confini della foresta:
“Navigherò nel fiume Caetè per trovarmi con quelle comunità isolate, ma dove c’è realmente il seme del Regno di Dio, che in città è stato nascosto o perduto dal nostro tanto decantato progesso e dalla nostra dominante e prepotente televisione.”
Fin dagli anni ’70 padre Paolino, sensibile al male dell’analfabetismo, concepì un piano di costruzione di scuole lungo l’argine dei fiumi, per aiutare gli indios a non farsi ingannare dai “civili”. Lo denominò piano lampo: non nell’esecuzione, ma nel desiderio di portare luce e conoscenza nella mente dei piccoli ed anche degli adulti, insegnando a leggere e a scrivere. Ne ha costruite una cinquantina. In ogni scuola pone un’insegnante che paga con l’aiuto dei benefattori.
“Quello che mi fa gioire è il pensiero che quei bambini portano con sè, scolpite nella mente e nel cuore, tante verità apprese nella scuola: nella solitudine indefinibile della foresta saranno loro di conforto.” All’annuncio del vangelo si accompagna in Padre Paolino un’altra grande passione, quella per la medicina. In questi anni ha sviluppato una conoscenza medica da sfruttare a favore dei più poveri, tanto da essere riconosciuto “medico di fatto”. Lui che ha sperimentato decine di volte il dolore della malaria, cura con le medicine che gli vengono inviate dai benefattori italiani ma soprattutto con le erbe della foresta, i malati che non hanno i soldi per pagarsi le medicine. Recentemente il governo dell’Acre ha pubblicato un libretto di ricette naturali, fatte con le piante del luogo.
In tante occasioni la sua opera di bene a favore dei poveri ha trovato nemici, prima nella dittatura militare, poi tra i grandi proprietari, che vedevano in lui un intralcio ai loro interessi.
Quando la foresta veniva irrimediabilmente distrutta per prendere un pò di mogano o per per farne pascoli, e gli indios erano costretti ad andarsene in città perchè privati del necessario per vivere, non ha tenuto chiuso la bocca. E’ stato minacciato di morte, avevano già assoldato anche un sicario, ma lui non si è mai voluto spostare.
“Qui la vita è dura perchè l’ingiustizia da affrontare è grande. Vedo l’abbandono completo della gente dalle foreste e non posso rimanere a guardare le ingiustizie che subiscono. Mi sento alle volte un nulla, ma grido anche se so che troverò il deserto. Finchè avrò vita, voglio avere il coraggio di parlare a favore di tanti poveri ed emarginati.”
In questi ultimi anni Padre Paolino ha ricevuto numerosi riconoscimenti: nel 1999 il presidente del Brasile H. Cardoso lo ha accolto ed ha ascoltato il suo grido a favore della foresta.
E’ stato candidato dal senato brasiliano al premio Nobel per la Pace e ha ricevuto nel 2001 l’XI premio nazionale dei Diritti umani; in Acre è stata intitolata a suo nome un parco ed una grande riserva naturale; in Italia ha ricevuto nel 1996 il Premio Cuore Amico a Brescia e un riconoscimento a Rieti. Nel 2003, durante il suo ritorno in Italia per festeggiare il 50° sacerdozio, ha assistito alla cerimonia con cui la scuola media di Loiano è stato intitolata a suo nome; nel luglio 2004 l’università federale dell’Acre gli ha conferito la laurea honoris causa in medicina; ma ciò che sta a cuore a Padre Paolino è solo il Premio che Dio dà a chi ha combattuto la buona battaglia della fede.
“Continuo a fare il mio lavoro di formica, investendo i soldi che la mia famiglia mi manda, per la costruzione di scuole e cooperative nella zona rurale. Ho imparato presto che il poco, con Dio è molto e continuo a dire che Dio sta dalla parte di coloro che hanno poco.”
Mario Destro Bisol. Per tantissimi anni ha villeggiato a lungo, a Roncastaldo, Mario Destro Bisol, marito di Anna Mazzetti. Il triestino, nato nel primo decennio del 1900 si arruolò, giovanissimo in aereonautica ben presto divenendo un ottimo radiotelegrafista. Nel 1933 partecipò alla trasvolata atlantica organizzata da Italo Balbo (1-30 luglio) Italia-America-Italia.
Venticinque idrovolanti Savoia Marchetti e Macchi, divisi in tre squadriglie oltre l’aereo del comandante Balbo con Bisol radiotelegrafista, percorsero ben 20.000 km di cui 15.500 su oceani-mari intermedi-laghi con un’impresa che sbalordì il mondo intero.
Qualcosa come i primi voli spaziali. Il raid Orbetello-Amsterdam-Londonderry-Reykjavik-Labrador-Montreal-Chicago-New York-Terranova- Azzorre-Tevere con la perdita di un solo aereo nell’ammaraggio di Amsterdam.
L’Atlantico ritenuto invalicabile per le sue dimensioni e per le improvvise e spaventose tempeste era stato vinto dopo centinaia di tentativi collettivi falliti. Solo il solitario Charles Lindbergh vi era riuscito nel maggio 1927. La trasvolata atlantica non fu la sola impresa di Bisol che volò, tra i primi, fino in Cina e successivamente in tutto il mondo come racconta nel suo libro “Storia di una Avventura: dalla trasvolata atlantica ai cieli della Cina” edizioni Ibn. Durante la lunga prigionia nel periodo della seconda guerra mondiale ebbe numerosi riconoscimenti dagli anglo-americani.
Domenico Fenara detto Barilòn. Aedo locale, specie nel periodo 1890 – 1940, era conteso nelle serate specie quelle invernali quando la gente si riuniva nelle fumose stalle per ascoltare le storie, a puntate, che lui raccontava. Si animava raccontando storiacce specie quando ricordava le avventure di Stefano Pelloni “Il Passatore”, un brigante romagnolo vissuto nella metà dell’Ottocento e visto da Barilòn dalla parte ghibellina in versione anarchica – popolare.
“Cioci”, macellaio del paese, spesso a corto di quattrini, ma con una sfolgorante vena di buon umore da far invidia.
Altri personaggi della più recente storia di Loiano sono stati alcuni componenti della famiglia Mazzetti di Roncastaldo:
– Roberto Mazzetti, emerito professore universitario, il più giovane provveditore agli studi che abbia avuto l’italia, a lui è intestato l’edificio delle scuole elementari di Loiano.
– Guido Mazzetti, buon calciatore negli anni ’30 e successivamente allenatore di varie squadre per circa trent’anni. Per le sue doti di organizzatore, di ottimo tecnico, di grande professionalità i suoi colleghi lo hanno voluto alla presidenza nazionale della loro categoria per oltre 20 anni.
– Luciano Mazzetti, figlio di Guido docente all’università di Roma esperto internazionale di pedagogia fa parte attualmente di vari consessi italiani ed europei. E’ autore di numerosi testi pedagogici e autore televisivo.
Umberto Visani, medico per oltre 30 anni è ancora ricordato per la sua bonomia. Il figlio Goffredo intraprese la carriera giudiziaria divenendo presidente della Corte d’Appello di Siena.
– Le pistole fabbricate a Loiano
(grazie a www.appenninobolognese.it)
Questa rassegna di loianesi illustri non può non comprendere la famiglia Ghini. I Ghini di cui trattiamo furono tre: il padre Alessandro (1624-1690), il figlio Claudio (1646-1727) ed il nipote Alessandro (1694-1738).
Si conoscono solo una dozzina di armi attribuite loro con certezza.
Sono conservate in vari musei europei ed in collezioni private o sono state trattate da importanti case d’aste come Christie’s.
Nessuna e datata ed in alcuni casi il marchio e semplicemente Ghini Losano o Loiano, per cui l’artefice viene individuato in base a criteri stilistici. Per un esame migliore della produzione degli armaioli loianesi occorre percorrere brevemente le tappe dello sviluppo tecnico nel campo delle armi da fuoco.
Le più antiche di esse dovevano il funzionamento all’uso di una miccia, che in seguito fu sostituita dai sistemi che utilizzano la pietra focaia.
Questa e una selce che, colpita o sfregata, fornisce la scintilla per accendere l’esca che fa esplodere la polvere.
Dapprima fu usata per strofinamento nelle armi dette a ruota, poi per urto in quelle ad acciarino. Quest’ultimo tipo apparve attorno al 1580 nei Paesi Bassi e fu detto Schaphaunce (in olandese ladro di galhne) per il basso costo di produzione che permetteva una più vasta diffusione. Contemporaneamente si sviluppo in Spagna il modello Miquelet. All’inizio del ’600 validi artigiani italiani modificarono, migliorandoli, questi sistemi, che vennero poi definiti alla fiorentina e alla romana con riferimento anche al tipo di decorazione che li abbelliva. In seguito si utilizzo il sistema a focile, ed infine quello a percussione che soppianto definitivamente l’uso della pietra focaia.
I Ghini produssero per le loro armi batterie alla fiorentina e utilizzarono, per lo più, le ottime canne provenienti dal bresciano nonostante la presenza, nel più vicino pistoiese, di artigiani produttori di canne di buona qualità.
In un caso le canne vengono addirittura dalla Francia, e contengono il marchio del grande armaiolo Le Lorain e l’indicazione A Valence en Dauphine.
Sono applicate ad una coppia di pistole firmate Claudio Ghini Loiano che mostrano fornimenti in argento e gli stemmi di Casa Medici sugli scudi del calcio. La finezza della decorazione di stile francese ispirata a disegni del Simonin, l’eleganza della linea morbida ed allungata e la qualità del lavoro di cesello, fanno di questo prodotto artigianale una preziosa opera d’arte.
Di altre pistole sono rimaste solo le batterie, che rappresentano pero la parte più interessante dell’arma.
Le cartelle delle batterie, infatti, offrivano la superficie piana sulla quale gli armaioli applicavano ornamentazioni tipiche dei gusti del tempo.
Oltre ai disegni a festoni e a volute, venivano inserite varie figure umane, graziose teste femminili e talvolta persino scene di ambiente familiare: un piccolo quadro o un bassorilievo nella cornice di una ornamentazione accurata e insieme estrosa. Non e ben certo dove i Ghini avessero il loro opificio, ma si può supporre, non occorrendo per questo tipo di lavorazione la disponibilità di locali particolarmente vasti o vicini a fonti energetiche e depositi di materiali, che il laboratorio fosse adiacente alla abitazione.
E’ certo che a Loiano esisteva una «casa Ghini» di proprietà, nel 1744 (sei anni dopo la morte di Alessandro junior) di un certo Franchini.
Questi l’aveva affittata alla famiglia Nunzi che vi teneva un’osteria.
Nel centro del paese, in quel tempo, vi era più di una osteria ma probabilmente in questo caso si trattava dell’osteria «della Sterlina», che occupava il piano terreno di un edificio con porticato sito nel luogo dell’odierno civico n. Z7/35 di via Roma, di fronte alla Piazza Dall’Olio. Probabilmente in quella casa i Ghini vissero e produssero le loro armi. Altri armaioli operarono a Loiano nel ’700: Giovanni Battista Negroni e Ottaviano Pozzi di Sabbioni. Per concludere, l’elenco di alcuni musei dove si possono ammirare le armi prodotte a Loiano: Museo Stibbert a Firenze, Museo Marzoli a Brescia, Museo del Castello Sforzesco a Milano, Museo di Palazzo Venezia a Roma, Museo de l’Armée a Parigi, Museo della Guerra a Riga, Metropolitan Museum of Art a New York.